Declino cognitivo negli under 65: quali fattori di rischio?

Nonostante lo stereotipo dell’anziano destinato a declinare cognitivamente e a diventare demente, il calo nella performance cognitiva può essere presente già in persone under 65. La demenza precoce può presentarsi anzi già intorno ai 30 anni di età, senza manifestarsi con segni eclatanti (segni che sono rilevabili somministrando al soggetto appositi test neuropsicologici).

Secondo uno studio pubblicato recentemente su Jama Neurology la demenza ad esordio giovanile (YOD) è associabile ad un insieme di fattori di rischio, fra i quali spiccano:
– bassi livelli di vitamina D
– ipotensione ortostatica (rapido abbassamento della pressione sanguigna quando il soggetto si alza in piedi o cambia posizione)
– aumento della proteina C reattiva (indice di infiammazione) nel sangue
– isolamento sociale e scarse interazioni con gli altri.

La ricerca in questione è stata realizzata in Olanda seguendo per ben 8 anni 360mila soggetti under 65 senza diagnosi di demenza al momento della valutazione iniziale.
Nel corso dello studio i nuovi casi di demenza precoce sono stati circa 17 ogni 100mila soggetti all’anno, di età perlopiù compresa fra i 40 e i 50 anni.

Gli studi precedenti avevano già individuato 39 fattori di rischio della demenza a esordio tardivo (in età anziana) che, raggruppati in macro-aree, sono:
– fattori sociodemografici: livello di istruzione, status socioeconomico, sesso
– fattori genetici: dosaggio di apolipoproteina E (glicoproteina sintetizzata nel fegato e nel cervello)
– stile di vita: quantità di attività fisica, consumo di alcol, tabagismo, dieta sbilanciata, attività cognitiva non vivace/stimolante, isolamento sociale
– fattori ambientali: intossicazione da ossido di azoto, particolato, pesticidi e combustione del gasolio
– marcatori del sangue: dosaggio di vitamina D, proteina C-reattiva, albumina; funzione stimata della velocità di filtrazione glomerulare (basata sulla concentrazione di creatinina nel sangue)
– fattori cardio-metabolici: pregresso ictus, ipertensione, diabete, ipoglicemia, malattie cardiache, fibrillazione atriale
– fattori psichici: presenza di depressione, ansia, uso cronico di benzodiazepine, disturbi del sonno
– altri fattori medici: lesione cerebrale traumatica; artrite reumatoide; disfunzioni tiroidee; disturbi dell’udito; forza della presa.

All’interno di questi gruppi di fattori predisponenti gli studiosi olandesi hanno individuato i 15 fattori significativamente associati a un rischio di demenza a esordio giovanile:
– bassa scolarizzazione
– basso status socio-economico
– presenza di 2 alleli ε4 dell’apolipoproteina
– assenza di consumo di alcol (presumibilmente legata ad una vita sociale molto scarna o inesistente)
– alcolismo
– isolamento sociale
– carenza di vitamina D
– elevata proteina C reattiva
– scarsa forza manuale
– disturbi dell’udito
– ipotensione ortostatica
– pregresso ictus
– diabete
– malattie cardiache
– depressione.

Tra questi fattori di rischio ne sono stati individuati 4 legati all’insorgenza della demenza prima dei 65 anni sui quali è possibile intervenire per prevenire il decadimento cognitivo precoce:
– basso livello di vitamina D
– ipotensione ortostatica
– livello di proteina C reattiva nel sangue
(indice di infiammazione)
– isolamento sociale.

I ricercatori nell’articolo affermano: «In particolare abbiamo osservato che livelli inferiori alla norma di vitamina D, che ha un effetto neuro-protettivo, e alti livelli di proteina C reattiva sembrano consentire di predire le probabilità che un soggetto sia colpito da demenza giovanile» e auspicano che questi e altri fattori di rischio siano tenuti in considerazione nella strategia preventiva delle demenze.

Dal punto di vista psicologico e neuropsicologico vale la pena di ricordare come l’isolamento sociale e la povertà dei rapporti con gli altri costituiscano fattori di rischio importanti e altrettanto correggibili, esattamente come è possibile prendere con sé stessi l’impegno a condurre una quotidianità più stimolante sul fronte cognitivo e culturale (leggere, risolvere enigmi, svolgere ricerche su temi di proprio interesse, tenere un diario delle proprie giornate e riflessioni, suonare uno strumento musicale, dedicarsi a giochi da tavolo ecc.).
Oltre a questo la depressione, i disturbi dell’umore e le dipendenze (alcolismo, tabagismo) sono curabili ed è bene farlo anche per evitare conseguenze indesiderate sul piano cognitivo.

Se si presenta un dubbio sul proprio stato cognitivo è possibile inoltre sottoporsi a test neuropsicologici che attestino il livello della performance cognitiva come alterato o nella norma (o superiore alla norma) per quanto riguarda le diverse funzioni che possono essere già in decadimento o destinate a decadere: i vari tipi di memoria, l’attenzione, la concentrazione, l’orientamento, le capacità di pianificazione, l’utilizzo di abilità linguistiche, le capacità di comprensione ed esecuzione di compiti e così via.
Fare un quadro della situazione può essere fondamentale sia per attestare la situazione attuale, sia per monitorare l’andamento dello stato cognitivo confrontando gli esiti dei test con successive somministrazioni, da effettuarsi ad anni di distanza.

Fonte: https://jamanetwork.com/journals/jamaneurology/article-abstract/2813439

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